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  • May 7, 2025

Dubbi umani e certezze artificiali. Intervista per Donna Moderna (6/5/25)

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Cosa succede quando la mente umana si abitua a non cercare più, ma a ricevere risposte? Quando il dubbio, anziché stimolare il pensiero, viene silenziato da un algoritmo efficiente e gentile?


Su Donna Moderna, Marta Gatti ha intervistato Mattia Della Rocca, docente di Psicologia degli Ambienti Digitali presso l’Università di Roma Tor Vergata e membro del nostro gruppo di ricerca – per discutere proprio questo: come cambia il nostro modo di pensare quando affidiamo all’intelligenza artificiale non solo compiti, ma anche domande, riflessioni, necessità di conoscenza.


L’intervista tocca alcuni dei nodi più delicati del nostro tempo: la delega cognitiva, il ruolo della fatica mentale, il confine sempre più sfumato tra assistenza e sostituzione. Non si tratta di un’apologia del sospetto tecnologico, ma di un invito a guardare con più attenzione quello che accade nei piccoli gesti quotidiani che ormai prevedono sempre più spesso un’interazione con l’IA, ma che da sempre hanno caratterizzato il nostro modo di essere al mondo: chiedere, aspettare, accettare una risposta. Anche quando non arriva troppo in fretta, o non arriva affatto (del resto, direbbe Paul Watzlawick, anche il silenzion è una forma di comunicazione). 


Riportiamo un breve estratto dell’intervista: 

Tra le altre conseguenze, ci sono anche quelle che riguardano le nostre capacità cognitive, autoriflessive e relazionali. Ci siamo mai chiesti cosa succeda nella nostra mente quando riceviamo una risposta pronta e ben formulata, da una macchina? Che impatto può avere, a livello psicologico, il fatto di ricevere risposte immediate, sempre disponibili e preconfezionate dalle intelligenze artificiali? «La vera svolta non è solo nella loro capacità di rispondere rapidamente, ma nel fatto che lo fanno attraverso il linguaggio naturale, il segno distintivo dell’intelligenza umana» spiega Mattia Della Rocca, docente di Psicologia degli Ambienti Digitali all’Università di Tor Vergata e ricercatore nel campo dell’interazione tra esseri umani e IA conversazionali. «Questo ha innescato una serie di cortocircuiti cognitivi: non siamo biologicamente pronti a distinguere tra interazione umana e artificiale. Così finiamo per attribuire alle IA lo stesso statuto relazionale che riserviamo agli altri esseri umani, inclusa la fiducia. Quando un interlocutore digitale appare sicuro, coerente e persuasivo, tendiamo a credergli – a prescindere dalla qualità effettiva delle risposte. Col tempo, questo meccanismo si rinforza, spesso a scapito della profondità e dell’originalità del pensiero».

Marta Gatti, "ChatGPT ha sempre la risposta. Ma è davvero un bene?", Donna Moderna, 6 maggio 2025

Da leggere con calma, possibilmente senza aprire ChatGPT nel frattempo.


👉 Qui il link all’intervista su Donna Moderna

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